Reggio Calabria - Piazza Garibaldi |
sabato 31 marzo 2012
Reggio era...con tanti parcheggi liberi
Senza lido nel fine 1800
Rada Giunchi |
Foto pubblicata da Attilio Bandiera sulla pagina facebook Reggio era...
Lo stadio di una volta
Stadio |
Foto pubblicata da Antonietta Pugliatti sulla pagina facebook Reggio era...
Anno 1924
Etichette:
Piazza Vittorio Emanuele II (Piazza Italia)
Santo Stefano
Etichette:
Santo Stefano in Aspromonte
Piazza Garibaldi
Piazza Garibaldi |
Foto pubblicata da Attilio Bandiera sulla pagina facebook Reggio era...
venerdì 30 marzo 2012
La stazione
Reggio era...con la fontana
Il terremoto del 1908
Reggio era...un tramonto in bianco e nero
Etichette:
Un tramonto sullo stretto
Reggio era...il Corso
Villa San Giovanni
Melito Porto Salvo era...
giovedì 29 marzo 2012
La storia di Scilla
Storia
Prime notizie, età magnogreca
In mancanza
di precedenti testimonianze attendibili circa le epoche più remote, si è
propensi a far risalire la prima fortificazione di Scilla agli inizi
del V secolo a.C., allorquando durante la tirannide di Anassilao la
città di Reggio raggiunse una notevole importanza, che le permise di
ostacolare per oltre due secoli l'ascesa di potenze rivali.
Strabone
racconta che nel 493 a.C. il tiranno di Reggio, Anassila il giovane,
per porre fine alle reiterate razzie perpetrate dai pirati tirreni a
danno dei commerci aperti dalla città con le colonie tirreniche, avesse
mosso contro di loro con un forte esercito, sconfiggendo e scacciando i
pirati da queste terre. Per i Tirreni gli innumerevoli scogli e l’alta
rocca caratterizzanti la costa scillese costituivano un rifugio naturale
ideale, luogo inaccessibile da cui dirigere redditizie scorrerie lungo
le coste, nascondiglio sicuro per il bottino e baluardo di difesa contro
eventuali controffensive nemiche.
Presumibilmente
sorsero quindi contrasti e lotte tra i primi marinai e pescatori che
avevano occupato la zona e i pirati Tirreni, alla cui bellicosità forse
si deve attribuire la causa dell’arretramento dal mare dei pescatori,
ostacolati dai pirati nella pratica su cui basavano il proprio
sostentamento. Ciò spiegherebbe il trasferimento di residenza verso la
zona alta di Scilla - l'attuale quartiere di San Giorgio - attuato da
queste genti marinare, che si trasformano in agricoltori e cacciatori e
mantengono poi attive le nuove pratiche fino all’età moderna.
Espertissimi
nella navigazione, i Tirreni avevano dominato a lungo da incontrastati
padroni le rotte del Mediterraneo, esercitando il proprio predominio
soprattutto nello Stretto, grazie al presidio posto sulla rupe scillese,
all'imboccatura del canale, presumibilmente fortificato. Più tardi però
questi vennero sconfitti dai reggini, vittoria questa che segna un
momento significativo nella storia di Scilla, considerata da Anassila un
importante avamposto di controllo sulle rotte marittime. Mentre si
assicura il dominio sul territorio circostante inglobando una nuova
sezione del Chersoneso reggino, al tempo stesso Anassila ha cura di
realizzare una "stazione delle navi" a Punta Pacì, ordinando la
costruzione di un porto dotato di un agguerrito presidio militare.
L’opera
di fortificazione dell’alto scoglio fu portata a termine dai successivi
tiranni reggini, spesso impegnati in scontri con i pirati che
combattono avvalendosi del porto fortificato appositamente costruito a
Monacena, verso Punta Pacì, in un luogo inaccessibile dal lato opposto
allo scoglio. Baluardo della sicurezza dei reggini, la fortificazione di
Scilla dotata di approdo è di fondamentale importanza agli effetti del
felice esito della guerra contro la pirateria, consentendo ai tiranni di
Reggio di opporre per lungo tempo una valida resistenza contro gli
attacchi di nuovi nemici e contro i continui tentativi di rivalsa dei
Tirreni sconfitti.
Agli inizi del III secolo a.C., dopo la presa
di Reggio ad opera del tiranno di Siracusa Dionisio I, che nel 386 a.C.
aveva distrutto la flotta navale della città di stanza a Lipari e nel
porto di Scilla, I pirati tirreni tornarono ad essere audaci e si
reinsediarono sul promontorio scillese, dove ripresero a dedicarsi alla
pirateria avvalendosi del preesistente porto fortificato fino a quando,
nel 344 a.C., il prode Timoleonte di Corinto riuscì a sconfiggerli
definitivamente.
Per quanto riguarda la successiva storia della
fortificazione dell'imponente scoglio di Scilla, si ha testimonianza di
come essa coincida con la storia delle vicende che hanno caratterizzato
il reggino all’indomani della tirannide siracusana.
In tarda età
magnogreca lo scoglio scillese è una fortezza, conosciuta come Oppidum
Scyllaeum, successivamente potenziata nelle sue strutture militari
durante l'età romana, allorquando porto ed oppidum costituiscono un
funzionale ed efficiente sistema di difesa per i nuovi dominatori del
Mediterraneo.
Epoca romana
Alla fine del II secolo a.C., durante le guerre condotte dai Romani contro i Tarantini sostenuti da Pirro, e in particolare durante la prima e la seconda guerra punica, i Cartaginesi che avevano stretto alleanza con i Bretti e circolavano liberamente lungo le coste reggine, furono fermati nella loro ascesa proprio grazie alla strenua resistenza opposta loro dalla fortificata città di Scilla, alleata di Roma.
Alla fine del II secolo a.C., durante le guerre condotte dai Romani contro i Tarantini sostenuti da Pirro, e in particolare durante la prima e la seconda guerra punica, i Cartaginesi che avevano stretto alleanza con i Bretti e circolavano liberamente lungo le coste reggine, furono fermati nella loro ascesa proprio grazie alla strenua resistenza opposta loro dalla fortificata città di Scilla, alleata di Roma.
L’importanza della
Scilla latina cominciò a decadere all’indomani della conquista romana
delle terre siciliane quando, dopo Reggio e Siracusa, Messina assurse al
ruolo di nuovo caposaldo per il controllo dello Stretto.
Pur
tuttavia Scilla, posta all’imbocco settentrionale del canale, continuò a
costituire un’importante tappa d’approdo lungo la costa tirrenica
continentale, tant’è che nel 73 a.C., durante la guerra condotta dai
romani contro gli schiavi, la cittadina sembra essere stata prescelta da
Spartaco, a capo dei ribelli, per accamparsi in attesa di poter
attraversare lo Stretto.
La fuga in Sicilia, progettata dagli
schiavi ribelli con il ricorso a zattere costruite col legno di castagno
estratto dai boschi scillesi, non ebbe tuttavia alcun esito a causa
della presenza lungo lo Stretto delle minacciose navi pompeiane.
Successivamente
il tratto di mare antistante la cittadina fu teatro degli avvenimenti
che segnarono l’ultimo scontro tra Pompeo e l'annata dei Triunviri,
conclusosi nel 42 a.C. con la disfatta del primo.
In quel
frangente il porto di Scilla offrì opportuno rifugio alle navi di
Ottaviano pressate dalla flotta di Pompeo, allorquando il futuro
Augusto, nel tentativo di rimandare lo scontro finale ad un momento a
lui più propizio, colse l’importanza strategica di Scilla e, una volta
liberatosi definitivamente dei rivali, decretò l’ulteriore
fortificazione del suo porto.
Era cristiana
Dopo Ottaviano
non sembra che la fortificazione scillese abbia conosciuto nuovi
rimaneggiamenti, sebbene la cittadina continui a detenere l’importante
ruolo di centro marittimo locale, come testimonia san Gerolamo quando,
approdato nel 385 a Scilla durante il suo viaggio verso Gerusalemme, ci
ha lasciato testimonianza nel III libro delle sue opere, circa la grande
esperienza dei marinai scillesi, capaci di fornirgli consigli assai
utili per il buon proseguimento della navigazione.
Lo stato di
abbandono in cui sembra trovarsi la fortezza di Scilla in tarda età
romana, presumibilmente, dipende dal localizzarsi la stessa al di fuori
degli itinerari terrestri percorsi dai barbari, durante le loro
invasioni nel sud della penisola.
Costoro, infatti, nel loro
"calare" a sud, utilizzano i tracciati viari romani rimasti agibili in
quell’epoca di decadenza. Scilla, che non era allacciata alla via
Popilia, unica strada consolare esistente lungo la costa tirrenica,
rimane dunque estranea ai fatti essenziali del tempo.
Difatti la
Via Consolare Popilia, nel tratto più meridionale del suo percorso non
bordeggiava la costa, bensì risaliva verso l’interno passando per Solano
e, superate le Grotte di Tremusa, raggiungeva la statio ai Piani della
Melia, dirigendosi poi verso Cannitello, «ad Fretum», senza ripiegare
verso Scilla.
Età bizantina
Ai primi monaci basiliani gli
storici attribuiscono la fondazione del Monastero e della chiesa di San
Pancrazio, tra l’VIII e il IX secolo d.C., fortificati per volontà della
stessa Bisanzio, che aveva affidato ai Padri il compito di difesa delle
coste dello Stretto.
Scilla - Panorama |
Era moderna e contemporanea
Il
terremoto del 1783 rappresenta uno spartiacque importante nella storia
di Scilla per la particolarità con la quale si abbatté sulla cittadina e
anche perché rappresentò la fine di uno sviluppo economico che Scilla
ebbe lungo tutto il settecento.
Fonte: Sito Web del Comune di Scilla
Fonte: Sito Web del Comune di Scilla
Etichette:
La storia di Scilla,
Scilla
Una rotonda sul mare
Reggio era...piena di macerie
Gioia Tauro era...
Laureana di Borrello era...il 1965
Via Garibaldi Laureana di Borrello |
Laureana di Borrello è un comune di circa 5.700 abitanti situato a 300 metri sul livello del mare.
Il nome Laureana, secondo due studiosi del luogo, Giovambattista Marzano e Fedele Fonte, deriverebbe dalla presenza delle celle dei monaci basiliani, in greco laure, attorno alle quali si sarebbe aggregato il primo nucleo abitato. Fonte ha affermato che Laureana significhi "terra dove abbondano le laure" o, rispettando l'origine bizantina, "laures-ana" cioè "sopra le laure". Secondo un'antica credenza popolare, invece, il nome deriverebbe dalla presenza di un alloro gigante.
Nel 1863 il paese cambiò denominazione aggiungendo il nome Borello (Modificato in Borrello nel 1930) allo scopo di ricordare l'antico capoluogo che comprendeva Laureana e le sue frazioni, caduto in rovina e poi scomparso dopo i terremoti del seicento e Settecento.
Il toponimo Borrello deriva, probabilmente, dalle caratteristiche geomorfologiche del sito: "borro" - "burratello" si riferisce, infatti, ad un luogo dirupato e scosceso in cui scorrono i torrenti.
Il laghetto della Villa nel 1935
Anni '50-'60
Gallico era...il 1965 a Gallico Marina
Reggio era...il 1969
mercoledì 28 marzo 2012
Senza fontana
Villa San Giovanni era... con tanti parcheggi liberi
Cudduraci
Nei giorni che precedono la Pasqua, nelle case reggine inizia la preparazione dei Cudduraci, dolci tipici calabresi.
La ricetta è semplice e la particolarità di questi dolci è sia il loro
sapore che, soprattutto, la loro forma con l’uovo incastrato in mezzo.
Tempo di preparazione: 40 minuti
Ingredienti
1 kg di farina
5 uova
1 pizzico di sale
300 grammi di zucchero
200 grammi di burro
1 bicchierino di liquore all’anice
2 bustine di lievito in polvere per dolci
2 limoni
2 albumi da spalmare
codette/confettini colorati
5 uova
1 pizzico di sale
300 grammi di zucchero
200 grammi di burro
1 bicchierino di liquore all’anice
2 bustine di lievito in polvere per dolci
2 limoni
2 albumi da spalmare
codette/confettini colorati
Uova per guarnire
- Mescolare la farina con lo zucchero e il lievito in
una ciotola quindi praticare un buco al centro e versare le uova, il
pizzico di sale, le scorze dei limoni grattate e il liquore. Sbattere il
composto liquido con la forchetta e mescolarlo agli ingredienti secchi
quindi aggiungere anche il burro morbido tagliato a tocchettini.
- Lavorare l’impasto con le mani fino ad ottenere un panetto abbastanza morbido e viscido, facile da lavorare, e stenderlo ad un’altezza di circa 1.5 cm quindi ricavare delle forme tipiche (la treccia è la più nota insieme ai cuori e alle corone). Incastrare dentro ogni forma un uovo crudo.
- Lavorare l’impasto con le mani fino ad ottenere un panetto abbastanza morbido e viscido, facile da lavorare, e stenderlo ad un’altezza di circa 1.5 cm quindi ricavare delle forme tipiche (la treccia è la più nota insieme ai cuori e alle corone). Incastrare dentro ogni forma un uovo crudo.
- Spalmare sulla superficie di ogni biscotto
dell’albume sbattuto e decorare con confettini colorati o codette.
Infornare a 180° per circa 20 minuti, lasciar raffreddare e mangiare.
Al posto del liquore all’anice potete
mettere Cointreau o Amaretto e anche le uova possono essere già sode
anche se in questo caso tenderanno ad indurirsi.
Sfornare i
cudduraci prima che, infilando lo stecchino, questo esca completamente
asciutto perchè la frolla si secca e se viene cotta troppo diventa dura.
Si conservano benissimo per oltre una
settimana se non sono a contatto con l’aria. Il modo migliore è metterli
dentro della carta da alimenti o dentro una busta di plastica in modo
che, con il passare dei giorni, si ammorbidiscano.
Nella variante per celiaci necessita di mix apposito perchè le farine naturali, tipo quella di riso, si spappolano e non rendono come dovrebbero.
Scuola elementare Santa Caterina
Etichette:
Scuola elementare S.Caterina (RC)
Reggio era... il lido di Catona ai tempi d'oro
Catona - Lido |
martedì 27 marzo 2012
Reggio era...il 1902
Reggio era...il Corso Garibaldi
Reggio era..Gallico
Bovalino era...
lunedì 26 marzo 2012
Il Manuale delle Giovani Marmotte
Uno dei libri più istruttivi che un bambino potesse leggere! Il Manuale delle Giovani Marmotte insegnava ad accendere fuochi, a
scrivere con tocchetti di legno, ad interpretare segnali di fumo, ed
avviava i bambini allo spirito di squadra con i propri compagni!
I protagonisti erano Qui, Quo e Qua: gli storici nipoti di Paperino,
perfetti piccoli boy scout, amanti dell’avventura, che con il loro
manuale hanno trasmesso il loro amore a tutti i bambini che hanno avuto
la fortuna di leggerlo!
Un modo bellissimo per conferire ai bambini l’amore per la natura ed al contempo quello per la lettura!
Reggio era...1986 in Periferia
Pentimele |
Reggio era...una cartolina
Anno scolastico 1947/1948
Scuola elementare "Principe di Piemonte"(RC) Anno scolastico 1947/1948 |
Immagine pubblicata da Stefano Marino sulla pagina facebook Reggio era...
Etichette:
Scuola elementare Principe di Piemonte (RC)
Reggio era...il 1960
Mammola era...1953
Sabato sera tutti davanti alla televisione per vedere Canzonissima
Paolo Panelli, Mina e Walter Chiari |
Canzonissima è stata una popolare trasmissione televisiva di varietà, mandata in onda dalla RAI dal 1956 al 1975. Oltre al consueto spettacolo di comici, soubrette, sketch e balletti, l'elemento fondamentale di Canzonissima era una gara di canzoni abbinata alla "Lotteria di Capodanno", che successivamente verrà ribattezzata Lotteria Italia.
Il varietà nacque in radio come torneo di canzoni nel 1956, con il titolo "Le canzoni della fortuna" e con un grande successo di pubblico. L'anno successivo venne portato in televisione per la regia di Lino Procacci e Gianfranco Bettetini
e trasformato in una gara tra dilettanti provenienti dalle varie
regioni d'Italia. Negli anni successivi il regolamento fu di volta in
volta aggiornato, diventando spesso complicato e macchinoso, ma ciò non
affievolì l'appassionata partecipazione del pubblico, che poteva
esprimere le sue preferenze inviando le apposite cartoline-voto vendute
insieme ai biglietti della lotteria.
Una delle edizioni più note fu quella del 1959, affidata alle abili menti creative di Pietro Garinei e Sandro Giovannini, alla regia di Antonello Falqui e alla conduzione della nota attrice-cantante-ballerina Delia Scala. Con lei parteciparono Paolo Panelli e Nino Manfredi,
il quale inventò per la trasmissione un personaggio che ha continuato
ad essere identificato con la sua figura: il barista ciociaro Bastiano diventato celebre con l'esclamazione "Fusse che fusse la vorta bbona", frase riferita all'invito ad acquistare un biglietto della Lotteria che fosse vincente.
L'edizione del 1962 fu la più burrascosa. La RAI sottrasse la conduzione del programma a Dario Fo e Franca Rame
per uno sketch su un costruttore edile che si rifiutava di dotare di
misure di sicurezza la propria azienda. La satira, sebbene espressa con
battute semplici ed ironiche, fece emergere con evidenza la drammaticità
della condizione lavorativa, provocando proteste e polemiche. A seguito
di interrogazioni parlamentari e di accesi dibattiti sulla stampa
dell'epoca, Fo e la Rame furono costretti a lasciare la trasmissione
dopo le prime sette puntate; vennero poi sostituiti da Sandra Mondaini e Tino Buazzelli.
Dal 1963 al 1968
la trasmissione continuò con nuovi format e nuovi titoli, "Gran
Premio", "Napoli contro tutti", "La prova del nove", "Scala reale" e
"Partitissima", per ritornare al titolo originario con l'edizione che
vide come protagonisti Mina, Walter Chiari e Paolo Panelli; secondo i critici la migliore dopo quella del 1959. L'edizione del 1970 rimase famosa per la conduzione di Corrado, in coppia con Raffaella Carrà e per la sigla del programma, cantata dalla stessa conduttrice, Ma che musica maestro che raggiunse e mantenne la vetta della Hit Parade
per varie settimane. La coppia venne confermata anche per la edizione
successiva del programma, edizione in cui la showgirl lanciò il ballo tuca - tuca, scandalizzando gli italiani con l'esibizione assieme ad Alberto Sordi. Sarà ancora la Carrà, con Cochi e Renato, a condurre l'ultima edizione, quella del 1974/'75.
A partire dal 1975 la gara fra cantanti venne sospesa, e la "Lotteria
Italia" abbinata ad altre trasmissioni televisive, la più celebre delle
quali fu "Fantastico", andata in onda per tredici edizioni tra il 1979 e il 1997.
Fonte: Wikipedia
Iscriviti a:
Post (Atom)