Pubblicata da Antonietta Pugliatti sulla pagina facebook Reggio era...
In un giorno d'estate il poeta sogna con una dolcezza e una nostalgia delicata di ritornare a S.Mauro, la propria terra, e rivive in una sorta d'estasi quel dolce e lontano paesaggio d'infanzia. Poi però come accade nei sogni l'incantesimo s'infrange e si spezza inesorabilmente: un suono di campane riporta il senso dell'antico dolore, il latrato di un cane, acuto, stridulo e duro fa avvertire al poeta il senso di totale estranietà nella sua terra. È un sogno d'infanzia ritrovata, ma scoperta, nello stesso istante, come perduta per sempre.
Quanto scampanellare
tremulo di cicale!
Stridule pel filare
moveva il maestrale
le foglie accartocciate.
Scendea tra gli olmi il sole
In fascie polverose;
erano in ciel due sole
nuvole, tenui, rose;
due bianche spennellate
in tutto il ciel turchino.
Siepi di melograno,
fratte di tamerice,
il palpito lontano
d’una trebbiatrice
l’angelus argentino…
dov’ero? Le campane
mi dissero dov’ero,
piangendo, mentre un cane
latrava al forestiero,
che andava a capo chino.
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