Villa San Giovanni (RC) |
Villa San Giovanni è un comune italiano di 13.828 abitanti (dato ISTAT 2011) della provincia di Reggio Calabria.
Quest'area (anticamente identificata come Cenidéo, dal Capo
Cenide)
ha ricoperto un ruolo fondamentale dal punto di vista economico e
strategico per le popolazioni che si sono avvicendate nel dominio del
Mediterraneo già dall'epoca magnogreca. Infatti qui vi era il cosiddetto
Trajectum Siciliæ (in latino Passaggio per la Sicilia)
presso il sito dell'antica Colonna Reggina, da dove si attraversava lo
Stretto per raggiungere la Sicilia.
Un centro abitato situato fra Pezzo e Cannitello, probabilmente legato
alla presenza del tempio del dio Poseidone, è attestato già in un
periodo precedente alle guerre puniche per servire i traffici,
soprattutto romani, da e per la Sicilia, specialmente il trasporto del
grano per la città di Roma. Il sito fu distrutto una prima volta durante
la seconda guerra punica, intorno al 214 a.C., dal generale cartaginese
Annone. Successivamente ricostruito, verso l'anno 36 a.C. fu di
appoggio a Ottaviano nella sua guerra contro Sesto Pompeo; riporta
infatti Appiano che qui il futuro imperatore si fermò, si fece curare e
fece stanziare le sue truppe.
L'insediamento ebbe fine probabilmente nel V secolo, distrutto da
popolazione barbariche giunte sino allo Stretto per assediare Reggio,
forse per opera di Alarico, che nel 412 dopo aver preso Reggio tornò
indietro trovando la morte nei pressi di Cosenza. Da questo momento in
poi non si hanno più tracce nella storia del sito.
Medioevo Negli anni succesivi alla fine dell'Impero Romano d'Occidente, presso l'attuale Pesso, sorse un nuovo centro abitato, chiamato Cene, che però subì un rapido abbandono fra l'850 e l'870 a causa delle incursioni saracene. I suoi abitanti fondarono Cenisio nell'entroterra pre-aspromontano, città che lungo il Medioevo cambierà il suo nome in Fiumara di Muro o dei Mori, l'attuale Fiumara. D'allora in poi il territorio compreso fra Cannitello e Catona lungo la costa e sino a San Roberto nell'entroterra appartenne alla Signoria di Fiumara di Muro.
Età moderna
Dalla
fine del XVI secolo risorsero nella zona i piccoli villaggi costieri,
come Cannitello e Pezzo, abitati per lo più da marinai e pescatori. Più
all'interno, presso l'attuale centro di Villa, esisteva un borgo
chiamato Fossa. Successivamente si formarono anche Piale ed Acciarello. Questa rinascita della popolazione costiera accelerò nel XVIII secolo il progressivo declino di Fiumara
di Muro, finché nel 1806 la riforma amministrativa attuata da Giuseppe
Bonaparte soppresse definitivamente le amministrazioni feudali, fra cui
la Signoria di Fiumara.
Per
quel che riguarda il XVII secolo, c'è da segnalare una battaglia navale
fra navi olandesi e francesi combattuta l'8 gennaio 1676 nelle acque
dello Stretto antistanti Punta Pezzo, con esito vittorioso per i
secondi. Probabilmente i cannoni rinvenuti a Pezzo nel 1902 possono
risalire a questa battaglia.
La peste del 1743 e l'incendio di Fossa
Nel
1743 un increscioso avvenimento coinvolse il piccolo borgo di Fossa.
Nel marzo di quell'anno una nave genovese carica di grano proveniente da
Patrasso aveva portato la peste a Messina (fu quella l'ultima grande
epidemia di peste dell'Europa occidentale). Il Consiglio sanitario
cittadino di Reggio aveva ordinato a tutte le barche di non avvicinarsi
al porto di Messina
e si insituirono dei turni di guardia sulle coste. Il Consiglio
sanitario di Messina negava l'epidemia, per non interrompere il
commercio con il continente, tuttavia, una volta sentite le notizie
allarmanti provenienti dalla città siciliana, i reggini non si fidarono e
stabilirono che quattro cittadini, due nobili e due civili, facessero
la sorveglianza anche sino a Fossa, la quale allora non contava più di
una settantina di abitanti e arrivava forse a duecento con Pezzo e Acciarello. Lungo tutto il mese di aprile arrivarono a Napoli
notizie confuse sulla situazione di Messina, sicché il governo non
prese i provvedimenti necessari, mentre l'epidemia cresceva enormemente
in quella città. Nella situazione di isolamento in cui si trovava
Messina, molti marinai e padroni cominciarono a contrabbandare in generi
alimentari e beni di prima necessità fra la sponda calabra dello
Stretto e Ganzirri e Torre Faro nel messinese, portando
sul continente anche molta roba infetta. Fra questi vi erano i fratelli
Pietro e Paolo Lombardo di Fossa, originari di Fiumara. Si dice che la notte del 10 giugno
i siciliani, non avendo denaro abbastanza sufficiente per pagarli,
diedero loro un pastrano, e Paolo Lombardo lo accettò e lo indossò. Il
cappotto era infettato e presto i due fratelli morirono a causa del
morbo, seguiti nei giorni seguenti dai loro parenti più stretti. Saputa
la notizia a Reggio, i due sindaci Giuseppe Genovese ed Antonio
Melissari vollero indagare sull'accaduto ed il neo-nominato governatore
Diego Ferri, descritto dalle fonti storiche come pessimo uomo e
governante, inviò due fra i migliori medici reggini, Saverio Fucetola e
Francesco Marrari, a Fossa. La peste venne accertata dai due
specialisti, ma non si fermava il contrabbando illegale con la Sicilia,
praticato in realtà anche da molte barche reggine, e la peste cominciò a
dilagarsi enormemente anche sulla sponda calabra. Il governatore Ferri
ed i due sindaci fecero allora di Fossa il capro espiatorio
dell'epidemia e ordinarono una spedizione contro il piccolo centro. La
mattina del 23 giugno
partirono da Reggio circa 3200 uomini pesantemente armati, dei quali
200 erano mercenari svizzeri ed i restanti cittadini reggini, sotto la
guida di Diego Ferri. Inizialmente gli abitanti di Fossa cercarono di
resistere, ma dovettero cedere. Tutti gli abitanti, compresi vecchi,
donne e bambini, furono costretti a denudarsi e ad essere lavati con
olio e aceto. I reggini si facevano consegnare i vestiti e tutti i beni e
le ricchezze personali e costrinsero gli abitanti a marciare nudi sino a
Punta Pezzo.
Allora gli armati tornarono a Reggio ed il giorno seguente con
l'artiglieria bruciarono tutto l'abitato, con le case, gli animali, le
numerose quantità di olio e vino, le barche, gli alberi, i canneti e fu
data alle fiamme persino la chiesa di Maria SS.ma delle Grazie di Pezzo,
dove si diceva che si fosse rifugiato un appestato. I fossesi rimasero
in miserevoli condizioni presso la spiaggia di Pezzo per diversi giorni,
senza ricevere alcun aiuto. Il Ferri intimò a Carlo Ruffo, Duca di Bagnara e Signore di Fiumara di Muro
di provvedere lui, poiché i fossesi erano ancora sotto la Signoria di
Fiumara. Ma neanche il Duca aveva a cuore la loro sorte, pur essendo
suoi dipendenti: prima fece finta di negare la peste e di mostrarsi
irritato per l'atto compiuto dai reggini contro i suoi vassalli, poi
scaricò questi oneri sull'Università di Fiumara, promettendo il
rimborso delle spese. Ma furono inviati solo poche fave ed un bue,
certamente insufficienti per tutti gli abitanti. Solo il capitano di una
barca proveniente da Tropea
che trasportava cipolle ebbe compassione di loro e offrì il suo povero
carico. Fra Fossa ed i centri vicini morirono di peste circa ottanta
persone, ed i reggini pensavano di aver in tal modo preservato la
propria città dal morbo, ma ai primi di luglio la malattia giunse anche a
Reggio,
dove in un anno di epidemia vi furono circa 5000 morti di peste, altri
500 circa morti di fame e di stenti ed altri 500 condannati a morte dal
governatore Ferri. A Messina
su 62.775 abitanti ne rimasero appena 11.436, vale a dire che vi furono
51.319 morti. Gli aiuti del governo venivano assorbiti da Reggio e da
Messina ed ai fossesi non arrivò niente. Successivamente anche il papa
Benedetto XIV inviò 100.000 ducati per i paesi colpiti dalla peste, ma
pure questa volta a Fossa non toccò nulla del denaro stanziato.
La nascita di Villa San Giovanni
Alla fine del XVIII secolo Rocco Antonio Caracciolo, ricco proprietario terriero della zona, staccando i casali di Fossa, Pezzo, Cannitello, Piale e Acciarello dall'allora Università di Fiumara di Muro, grazie ai buoni uffici presso la corte dei Borboni di Napoli,
riuscì a dare unità politica ed amministrativa a piccole comunità tra
loro distanti e rivali, chiamando il nuovo centro dapprima Fossa San Giovanni e poi Villa San Giovanni (nuovo nome dato con decreto di Ferdinando I di Borbone il 6 novembre 1791).
Villa aveva allora una popolazione di circa 1.200 abitanti. L'abitato era stato intanto devastato dal sisma del 5 febbraio 1783.
Nel 1797 i
villesi ottennero di poter eleggere dei propri sindaci (tre, secondo
l'ordinamento dell'epoca) e possiamo datare all'anno successivo la
nascita dell'Università di Villa San Giovanni, corrisponde all'attuale comune.
Il
7 gennaio 1799 sbarcò a Pezzo il cardinale Fabrizio Ruffo, che iniziò
da lì la sua riconquista del Regno di Napoli; dall'8 febbraio molti
volontari della zona cominciarono ad unirsi all'esercito della Santa
Fede presso Pezzo stesso.
Nel
1807 Cannitello e Piale si staccarono da Villa, formando comune a sé,
con sede a Cannitello, non riuscendo però a comprendere anche Pezzo, che
rimase all'interno di Villa.
Arrivo di Gioacchino Murat]
Nel
1810 Gioacchino Murat, re di Napoli e cognato di Napoleone Bonaparte,
per quattro mesi governò il regno dalle alture di Piale. Egli,
muovendosi da Napoli per la conquista della Sicilia (dove si era
rifugiato il re Ferdinando I sotto la protezione degli inglesi, un
esercito dei quali era accampato presso Punta Faro a Messina), giunse a
Scilla il 3 giugno 1810 e vi restò sino al 5 luglio, quando fu
completato il grande accampamento di Piale. Nel breve periodo di
permanenza, Murat fece costruire i tre forti di Torre Cavallo,
Altafiumara e Piale, quest'ultimo con torre telegrafica. Il 26 settembre
dello stesso anno, constatando impresa difficile la conquista della
Sicilia, Murat dismise l'accampamento di Piale e ripartì per la
capitale.
La presenza delle truppe francesi nel territorio di Villa nel primo quindicennio del XIX secolo
fu un fattore negativo per la maggioranza della popolazione e per
l'economia locale. Infatti il governo napoleonico imponeva continuamente
spese straordinarie ai comuni di Villa e Cannitello
per il mantenimento delle truppe lì stanziate, le quali spesso
danneggiavano le fiorenti attività commerciali della città, come la
filanda di Rocco Antonio Caracciolo. In più, la vicinanza di Villa alla
costa siciliana la esponeva alle attività belliche fra i francesi allogati a Piale e gli inglesi stanziati a Torre Faro.
Nonostante ciò, i napoleonici portarono pure delle ottime novità, che
furono poi mantenute dopo la restaurazione borbonica, come le scuole
pubbliche, le poste, le banche ed il telegrafo.
Durante la sua presenza, Murat si preoccupò inoltre di sradicare il
brigantaggio, presente nella zona, affidando tale compito al generale Charles Antoine Manhès, e riuscì in tale intento.
Restaurazione borbonica e moti risorgimentali
Negli anni seguenti la restaurazione borbonica continuò lo sviluppo urbano di Villa, tanto che nel 1817
Rocco Antonio Caracciolo curò la definitiva costruzione e sistemazione
del cimitero. Prima di allora i morti venivano seppelliti nelle chiese o
in determinati fondi di campagna usati a tal fine.
Il governo in quegli anni scelse Villa come Sede
della posta centrale, nuovo servizio importato dai francesi, poiché era
questo il principale punto di traghettamento per la Sicilia
ed uno dei più importanti nodi viari della provincia. Era già stata
appaltata la costruzione del grande edificio destinato ad ospitare le
Poste ed era già venuto a Villa il direttore Ristori per ordinare gli
uffici, quando la città di Reggio Calabria si ribellò e pretese il
trasferimento di tale ufficio a Reggio, ottenendolo. Il grande palazzo
fu poi venduto all'asta ai fratelli Caminiti di Domenico Antonio, che erano allora maestri di posta per Villa e dintorni.
Poi nel 1823 venne deciso che il primo vapore di Florio
dovesse fermarsi a Villa per prendere i passeggeri e la posta per
Napoli, ma di nuovo i reggini si ribellarono, ottenendo che il vapore si
fermasse a Reggio, come capoluogo di provincia.
In quegli anni era Intendente il principe Francesco Ruffo, fratello del cardinale Fabrizio Ruffo ed ultimo Signore di Fiumara di Muro e delle Motte vicine.
Egli aveva avuto in passato un'aspra vertenza civile col Comune di
Villa circa dei terreni aspromontani ex patrimonio feudale, denominati Foresta
d'Aspromonte, ma ugualmente stabilì nel 1823, senza volontà di rivalsa
nei confronti dei villesi, che tenesse lezione a Villa due volte a
settimana il maestro di nautica Pietro Barbaro di Bagnara,
poiché Villa, Pezzo e Cannitello erano paesi di mare. Allora nella sola
Villa vi erano 323 marinai e 36 barche. Questo fu un fatto importante
per la marineria villese, che così ebbe molti giovani istruiti nella
difficile arte della navigazione a vela.
Fra il 1823 ed il 1825 fu aperta la Strada Nazionale (l'attuale Strada Statale 18), mentre nel 1830 venne completata la Fontana
Vecchia, la prima fonte d'acqua in muratura a servire il centro di
Villa, oggi il più antico monumento ancora esistente della città.
Il
31 agosto 1847 vi fu un tentativo di moto risorgimentale a Villa, Campo
Calabro, Rosalì e Calanna. L'iniziativa, fomentata soprattutto da
carbonari villesi e a cui partecipò anche il giovane Rocco Larussa,
divenuto poi celebre scultore, fallì a causa del tempestivo intervento
dell'intendente gen. Rocco Zerbi. Il 4 settembre furono inviati da
Reggio rinforzi alle batterie di Pezzo.
A
Villa e a Pezzo molti erano i carbonari e molti furono i tentativi di
sedizioni rivoluzionarie in quegli anni, come in tutta Italia.
Tuttavia vennero duramente repressi dall'amministrazione borbonica e vi
furono parecchi arrestati e condannati all'ergastolo, il più noto dei
quali fu il citato Rocco Larussa, insieme ai fratelli Giuseppe e
Ignazio.
Arrivo dei Garibaldini e Unità d'Italia
Le alture
fra Piale e Cannitello furono il teatro dello scontro tra le truppe di
Garibaldi e quelle borboniche dei generali Melendez e Briganti il 23
agosto 1860. In quegli stessi giornì sbarcò sulla spiaggia fra Porticello e Santa Trada un contingente di 200 garibaldini.
L'area divenne quindi punto strategico per la difesa dello Stretto, con la costruzione del Forte Beleno di Piale nel 1888
circa, per far posto al quale venne abbattuta la Torre del Piraino, con
l'annesso fortino murattiano. Ciò avveniva in seguito al progetto di
fortificazioni del governo italiano per la difesa del territorio
nazionale, iniziato fra gli anni settanta e ottanta del XIX secolo.
Il 19 marzo 1877 fu istituita la Società Operaia di Mutuo Soccorso, tuttora esistente ed operante.
La costruzione della linea ferroviaria e l'inizio del traghettamento a vapore
Nel
1884 vennero inaugurate le stazioni di Villa e di Cannitello, insieme
al tratto di ferrovia che le congiungeva con Reggio Calabria.
Nei primi anni del XX secolo si completò la costruzione del porto e iniziarono le corse dei nuovi ferry
boats per Messina. Infatti Villa veniva sempre più preferita a Reggio
come principale punto di traghettamento verso la Sicilia, essendo la
cittadina molto più vicina a Messina rispetto al capoluogo. Il 1º marzo
1905
la stazione di Villa venne collegata allo scalo dei ferry boats con un
raccordo ferroviario, mettendo così le premesse per il servizio di
traghettamento dei rotabili ferroviari. L'importanza di Villa San
Giovanni andò gradualmente aumentando a danno di Reggio Calabria, in
quanto l'itinerario ferroviario tirrenico, più breve di quello jonico,
produsse lo spostamento del traffico ferroviario via mare sulle
invasature villesi, che vennero aumentate e potenziate.
Le filande e lo sviluppo industriale
Fra la
fine del XVIII e la prima metà del XX secolo Villa San Giovanni era
particolarmente famosa per l'allevamento del baco da seta
e per le sue filande, di cui ora restano solo pochi ruderi delle 56 che
operarono anticamente, le quali costituivano una grande fonte di lavoro
e di sostentamento per la zona.
L'attività filandiera cominciò nell'ultimo quindicennio del XVIII secolo grazie all'opera di Rocco Antonio Caracciolo, che già dal 1792
aveva resa operativa a Villa una filanda ed un filatoio, la prima
situata fra il palazzo dei Caracciolo e l'attuale Fontana Vecchia, il
secondo presso la strada Micene, ora via Micene, vicino all'attuale asilo salesiano. La crescità dell'attività filandiera fu dovuta anche al torinese Francesco Bal, direttore della filatura nell'area di Reggio e della grande filanda di Santa Caterina.
Presto molti villesi seguirono l'esempio del Caracciolo e sorsero
numerosissime filande fra Villa, Pezzo e pure Cannitello. L'attività
industriale aveva fatto crescere esponenzialmente anche la popolazione:
infatti Fossa nel 1777 registrava solo 236 anime, mentre nel 1811
gli abitanti erano 1804, nel 1849 crebbero a 3475 e nel 1901
raggiungevano le 6647 unità.
Nel 1847 a Villa vi erano 44 filande, 676 mangani, 676 maestre e 676 discepole.
Ma presto arrivò la meccanizzazione e con essa, dopo l'Unità d'Italia,
gli investimenti di imprenditori settentrionali e stranieri, come il
milanese Adriano Erba e gli inglesi Thomas Hallam ed il nipote Edward J. Eaton, che aprirono varie attività in società con filandieri villesi. La cittadina meritò allora il soprannome di piccola Manchester, in riferimento all'attività serica della città inglese di Manchester ed alla presenza industriale inglese.
Nel 1892 a Villa operavano ventuno impianti a caldaia ed un solo impianto a fuoco diretto (Bambara Pasquale). Le maggiori filande a caldaia erano la filanda Eaton (3 caldaie, 35 cavalli, 128 bacinelle e 300 addetti), la filanda Erba (3 caldaie, 42 cavalli, 110 bacinelle e 253 addetti), la filanda Florio e Marra (2 caldaie, 14 cavalli, 120 bacinelle e 238 addetti), la filanda Caminiti Giovanni e figli (2 caldaie, 16 cavalli, 56 bacinelle e 136 addetti) e la filanda Lofaro Rocco e figli (2 caldaie, 12 cavalli, 60 bacinelle e 106 addetti). Seguono altri due impianti a due caldaie (Aricò Salvatore e Sergi Cosimo) e tredici ad una sola caldaia gestiti da vari imprenditori villesi.
L'industria delle pipe
Villa
era inoltre famosa per l'industria delle pipe. Dal 1913 a Villa era
attiva una fabbrica francese per la produzione di pipe, la Vassas,
sita nei locali dell'ex filanda Erba, lungo l'attuale via Marina. Verso
il 1926
venne ceduta al toscano Egidio Dei, già direttore della stessa; allora
era dotata di circa 25 seghe circolari. Qui si producevano e si
raffinavano pipe in radica di erica. I prodotti della fabbrica subivano
la lavorazione finale nell'Italia settentrionale (specialmente a
Milano), in Francia, in Inghilterra, in Germania e negli Stati Uniti.
Nel suo culmine la fabbrica Dei
dava lavoro a circa una cinquantina di operai, più i boscaioli ed i
camionisti che trasportavano il legno, che veniva soprattutto
dall'Aspromonte, ma anche dalla Sicilia, dalla Sardegna e dalla Grecia.
La fabbrica fu attiva sino ai primi anni ottanta, quando fu costretta a
chiudere a causa della diminuzione delle richieste e dell'aumento delle
esigenze di produzione.
Nello stesso periodo fu attiva a Villa un'altra fabbrica di pipe, quella dei Tripepi, sita presso la via Fontana Vecchia, anche questa scomparsa agli inizi degli anni ottanta.
Età contemporanea
La
città all'inizio del secolo scorso veniva descritta come una
cittadina operosa, industriosa ed all'avanguardia, tanto che già nel
1906 le strade cittadine erano illuminate da lampioni ad energia
elettrica, novità assoluta per l'epoca.
Il terremoto del 1908 e i sismi precedenti
L'area
di Villa era stata già interessata da eventi sismici sin dall'ultima
decade del XIX secolo. Il 16 novembre 1894
vi fu un primo terremoto, che non fece vittime, ma danneggiò gran parte
degli edifici, tanto che Villa entrò nel novero dei paesi terremotati e
poté usufruire della legge n°535 dell'8 agosto 1895. Nel decennio
successivo vi furono altri due eventi sismici, il terremoto dell'8
settembre 1905 e quello del 23 ottobre 1907. Ma la vera sciagura fu il
sisma del 28 dicembre 1908, evento che devastò l'intera area dello
Stretto, le città di Reggio Calabria e Messina, e che fece numerose
vittime tra i cittadini villesi.
A Villa si contarono 367 morti su 4.325 abitanti, l'8 % della popolazione, ad Acciarello 299 su 2.125 (14% della popolazione), a Pezzo
32 su 552 (5%). In totale 698 morti in tutto il comune di Villa San
Giovanni su una popolazione di circa 7000 unità (stando ai dati del
censimento del 1901).
Si ebbero poi più di 500 feriti. I danni economici furono
incalcolabili: fu distrutto tutto il centro abitato, il porto, le
invasature, la ferrovia e la maggior parte delle filande, altre rimasero
gravemente danneggiate, crollarono tutte le chiese e gli edifici
pubblici. Il rione maggiormente devastato fu quello dell'Immacolata. Furono pochissime le costruzioni a resistere al sisma.
La ricostruzione del centro cittadino avvenne lentamente tra gli anni dieci ed il primo dopoguerra.
Il progetto della Grande Reggio
Nel 1927
il comune di Villa San Giovanni, assieme a Cannitello ed a molti altri
per un totale di quattordici comuni, venne conurbato al comune di Reggio
Calabria in seguito al progetto della Grande Reggio, teso secondo i
promotori a creare un unico polo urbano sulla sponda calabra dello
Stretto di Messina.
Uno dei maggiori sostenitori dell'autonomia del comune villese fu don Luigi Nostro, che nel suo scritto a Mussolini "La fine di un comune, o meglio di un mandamento di dieci comuni"
sostiene le istanze dei villesi nei confronti del maxi-comune. Il
governo, con decreto del 26 gennaio 1933, restituì l'autonomia
amministrativa, comprendendo da quella data il territorio di Cannitello,
e sino al 1947 anche Campo Calabro e Fiumara.
Il primo dopoguerra Le prime elezioni per il Consiglio Comunale dopo il fascismo si tennero a Villa il 10 marzo 1946. Si fronteggiarono due listoni: il primo, sotto il simbolo dello scudo crociato, raccoglieva la DC, molti partiti di centro ed anche degli indipendenti; la seconda lista, che aveva per simbolo una spiga di grano, era formata della sinistra. Vinse a grande maggioranza la lista di centro, soprattutto a causa del timore che allora si aveva in tutta Italia che una vittoria della sinistra avrebbe portato il paese nell'orbita dell'Unione Sovietica. Divenne sindaco Natale Sciarrone, che restò in carica per ben quattordici anni sino al 1960. L'annata 1946-1947 registrò uno storico avvenimento per Villa: infatti in quella stagione la Villese, squadra di calcio cittadina, partecipò per la prima ed unica volta al campionato di serie C. L'esperienza della squadra neroverde in terza serie durò solo per quella stagione, a causa di problemi societari e finanziari.
Richieste di autonomia
Nel
1947 il Consiglio Comunale dovette pronunciarsi sulla concessione
dell'autonomia amministrativa ai centri di Campo Calabro, Fiumara e
Cannitello, annessi alla città nel 1933 in seguito alla separazione di
Villa dalla Grande Reggio. Il sindaco Sciarrone fece una relazione al
Consiglio sul problema, introducendolo anche storicamente, con le idee
sulla Colonna Reggina formulate dal villese don Luigi Nostro,
per dimostrare che Campo e Fiumara, non avendo mai fatto parte del
territorio villese, potevano divenire autonomi, ma che Cannitello già
dai tempi antichi di Colonna Reggina costituiva un solo agglomerato con
Villa. Aggiungeva che la popolazione di quei centri era allora: Villa
7089 ab., Cannitello 2646, Campo 2958 e Fiumara 2241. Si votò in
Consiglio il 12 febbraio e passò l'autonomia di Campo e Fiumara con 16
si e 2 no.
Ma
molti cannitellesi rimasero scontenti, poiché l'autonomia non era stata
concessa pure a Cannitello, e ad aprile si raccolsero le firme di 675
cittadini che chiedevano il riconoscimento per il proprio paese. Si votò
in Consiglio il 22 novembre, e le istanze dei cannitellesi furono
respinte con 12 voti contrari e solo 3 favorevoli.
Nel
1955 di nuovo i cittadini cannitellesi avanzarono proposte per
l'autonomia del proprio paese, e ciò fu discusso in Consiglio il 29
maggio, ma anche stavolta il sindaco Sciarrone si dimostrò fortemente
contrario dicendo:
« Cannitello è una continuazione naturale di Villa San Giovanni e noi non possiamo modificare ciò che natura ha creato su questa sponda per quella meschinità di passioni che offuscano la chiara visione delle cose che s'impongono ai nostri occhi. » |
Il voto consiliare diede anche stavolta esito negativo: 15 contrari e solo 7 a favore.
Gli anni cinquanta e sessanta Tra la fine degli anni quaranta e l'inizio degli anni cinquanta si portarono a termine molte opere pubbliche, fra cui il completamento di Piazza Duomo, l'edificio di quattro piani destinato ad ospitare le Ferrovie dello Stato, l'acquedotto sussidiario di Bolano e le case popolari dell'INA. Un'altra importante opera di edilizia popolare fu il villaggio UNRRA di Pezzo, costituito da otto palazzine, per un totale di 32 alloggi. Vennero ristrutturati gli scantinati del plesso della scuola elementare, destinati ad ospitare la scuola media, poiché i vecchi locali erano inagibili. La stessa scuola media si rese autonoma nel 1953. Nel 1957 constava di 12 classi e nel 1963 aveva 230 alunni, più altri 230 circa destinati all'avviamento professionale.
Fra
gli anni cinquanta e sessanta era particolarmente animata la vita
cittadina. Molti erano i sodalizi sportivi, come la sovracitata società
calcistica e lo Sporting Club Villese, e le associazioni culturali e ricreative, come il circolo
Cenide.
Realtà importanti erano il vecchio Cinema Caminiti, il Cinema Mignon e
il Lido Cenide, allora uno dei più importanti lidi dello Stretto,
principale punto di aggregazione della società villese, capace di
attirare artisti di fama nazionale come Little Tony. Il Lido, creato nel
1955 e situato presso gli attuali imbarchi della Caronte&Tourist,
cessò la sua attività verso la metà degli anni sessanta proprio a causa
degli interessi legati ai nuovi imbarchi delle compagnie private di
traghettamento.
Il 20 marzo 1966 visitò Villa San Giovanni il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat.
Nuovi complessi industriali
Nel 1952 iniziò la sua attività la fabbrica ISA,
con la produzione di componenti per sedie, a cui si aggiunse in seguito
la produzione di porte. Inizialmente vi erano 120 dipendenti. La
fabbrica aveva sede presso un vasto complesso situato sotto Piazza
Immacolata, ora in via di demolizione. Fra il 1967 ed il 1968
una forte crisi di produzione costrinse la fabbrica a chiudere.
L'edificio è rimasto abbandonato per parecchi decenni, finché non è
stato acquistato nel 2003 dal Comune di Villa, che ha destinato l'area
ad un centro polifunzionale. Nei primi mesi del 2008 è cominciata la
demolizione del vecchio complesso e i lavori per la costruzione del
nuovo centro.
Il 21 marzo 1964 il Prefetto di Reggio autorizzò il sign. Francesco Spatolisano, rappresentante legale della società Birra
Aspromonte S.p.A., a cominciare la produzione industriale presso
terreni fra Piale e Cannitello, ma il progetto cadde in disgrazia e non
se ne fece più niente.
Nel 1969, con finanziamenti ministeriali ECER
per 335 milioni di lire, si inaugurò la filiale della FIAT, operante
sino alla fine degli anni novanta. In seguito a una lunga opera di
ristrutturazione, dal 2003 l'edificio ospita un centro commerciale fra i
più grandi della provincia reggina.
L'avvento delle compagnie private di traghettamento Nel 1965 l'armatore Amedeo Matacena fondò la Caronte,
la prima compagnia di navigazione privata ad effettuare il servizio di
traghettamento nello Stretto di Messina, seguita nel 1967 dalla Tourist Ferry Boat del messinese Giuseppe Franza (le due società si sono fuse nel 2003, dando vita alla Caronte&Tourist). Finì così l'era del monopolio delle Ferrovie
dello Stato e le conseguenze per Villa non tardarono. Attendendo di
poter usufruire di veri e propri approdi, le zattere della Caronte provenienti da Messina sbarcavano presso le spiagge di Pezzo e Cannitello, finché la notte del 15 agosto 1968 non si abbassò il livello del sottopassaggio ferroviario fra la via
Garibaldi ed il porto con camion e ruspe; successivamente venne
costruito uno scivolo nel porto ed il 28 settembre
1968 iniziò le corse la prima linea di traghettamento privata fra
Messina
e Villa San Giovanni. Nei decenni seguenti le compagnie private di
traghettamento si espansero sempre di più, sino a superare le FS: oggi
le società dichiarano di trasportare l'80% del traffico di veicoli sullo
Stretto, trasportando annualmente 2.300.000 automobili e 800.000
veicoli commerciali, Le conseguenze per la città di Villa e Messina
furono, tuttavia, in gran parte negative:
« Il passaggio dal monopolio alla concorrenza, se apportò qualche vantaggio economico alle città dello Stretto in termini occupazionali, certamente creò grossissimi problemi alla cittadinanza. Mantenendo all'interno del perimetro cittadino gli approdi del gommato, non fu possibile realizzare quelle strutture necessarie affinché si traesse beneficio dei traffici e non si subissero i danni derivati dal solo passaggio. La qualità della vita ne fu grandemente compromessa, nel senso che se le Ferrovie dello Stato avessero mantenuto il monopolio del trasporto, certamente si sarebbe avuta la periferizzazione dei punti di attracco delle zattere (n.d.r., le unità navali destinate al traghettamento degli autoveicoli). Non solo, ma anche l'occupazione ne avrebbe tratto benefici, atteso che il personale impiegato sulle navi FS è superiore a quello delle società private, non perseguendo l'impresa pubblica una massimizzazione di profiti, ma conciliando il valore sociale del trasporto tra le due sponde con la redditività del traffico. » | |
(Giacomo Iapichino, Tra Scilla e Cariddi)
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Ben presto la
presenza in pieno centro cittadino degli imbarchi
privati comportò a Villa il passaggio di una quantità enorme di
autoveicoli, provenienti dallo svincolo autostradale, per le vie
cittadine, provocando la congestione del traffico urbano e un
innalzamento del livello dell'inquinamento atmosferico a livelli
preoccupanti. Da qualche anno, per cercare di porre rimedio a questi
problemi, è stata avanzata l'ipotesi di spostare gli imbarchi delle
società private in una nuova sede a sud del centro di Villa,
direttamente collegata con lo svincolo dell'A3, evitando così gli
ingorghi e l'inquinamento provocati dal passaggio dei mezzi gommati.
Ultimi decenni
A
partire dagli anni settanta Villa San Giovanni ha conosciuto una rapida
crescita demografica, dovuta soprattutto ad un fenomeno di emigrazione interna
che ha portato molti abitanti dei comuni limitrofi a spostarsi a Villa,
prevalentemente per motivi di lavoro. Conseguentemente al veloce
aumento dei residenti, gli ultimi decenni, specialmente a partire dai
primi anni ottanta,
hanno visto un'espansione del centro urbano ed una crescita
dell'edificazione mai avute prima, in modo particolare nella zona di Pezzo
e lungo il litorale, dove vaste zone prima interamente ricoperte di
verde sono ora occupate da recenti costruzioni a carattere prettamente
abitativo e commerciale.
Villa
ha attraversato uno dei periodi più difficili della sua storia fra il
1985 ed il 1991, periodo in cui una violentissima faida fra famiglie di
'ndrangheta ha insanguinato il reggino,
coinvolgendo anche la cittadina dello Stretto e mietendo numerose
vittime nella cittadinanza villese, fra cui il vicesindaco della città
Giovanni Trecroci, assassinato l'11 febbraio 1990. Inoltre, il 9 agosto
1991 trovò la morte presso Piale, sulla Strada Provinciale che collega
Villa con Campo Calabro, il giudice Antonino Scopelliti, noto per il suo
lavoro contro Cosa Nostra, mentre si trovava in vacanza nel suo paese
natale.
Fonte Wikipedia
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